venerdì 28 marzo 2014

Un'intervista a tutto campo al Sindaco Giuliano Sala.


A cura di Graziarosa Villani.
 
Presentazione
In politica già da giovanissimo nelle fila del Pci, varie esperienze di consigliere comunale sui banchi dell’opposizione, poi primo cittadino, un intermezzo come consigliere alla Provincia di Roma. A 61 anni, Giuliano Sala, esponente del Partito Democratico, eletto con la lista Unione Democratica per Bracciano, è al suo quarto mandato di Sindaco, un ruolo sempre più difficile che alterna a quello di agente assicurativo.
Con 20mila abitanti circa Bracciano, che si affaccia sull’omonimo lago, è uno di quei tipici Comuni dell’hinterland di Roma che della capitale subiscono le influenze. Caratterizzata da un forte incremento demografico, la cittadina, già cittadella militare per la presenza della Scuola di Artiglieria e non solo, stenta a ritrovare una propria specifica identità anche se si guarda sempre con più convinzione al turismo e alla valorizzazione del patrimonio storico artistico. Inserita nel Parco di Bracciano-Martignano la cittadina oggi si sviluppa attorno a due nuclei, il centro abitato sovrastato dall’imponente castello Orsini-Odescalchi, noto a livello mondiale, e Bracciano Nuova, quartiere nel quale di anno in anno si cerca di colmare il gap di servizi.
Comune ricco di storia, Bracciano oggi chiede un miglioramento dei trasporti ferroviari con la capitale, tra cui il raddoppio dei binari lungo la fl3 Roma –Viterbo, un intervento atteso dal Giubileo e che invece si è fermato a Cesano, al confine con la capitale. Grande l’apporto al sistema idrico di Roma che, con l’acquedotto d’emergenza del lago di Bracciano, permette alla multiutility Acea di attingere acqua dal bacino lacustre. Per molti comuni dell’area Flaminia-Tiberina Bracciano è soprattutto Cupinoro, la discarica chiusa, in attesa delle previste autorizzazioni regionali, dal 31 gennaio scorso.
Si parlava un tempo di autonomia impositiva dei Comuni. Ma dall’Ici all’Imu o alla Tasi odierna il passaggio non è stato indolore. I Comuni sono oggi costretti a fare cassa vessando i propri cittadini per garantire i servizi essenziali. Perché, a suo avviso, è fallito il federalismo fiscale e cosa propone per una fiscalità più a misura dei comuni?
Ritengo che la criticità che non ha permesso al federalismo fiscale di decollare, sia dipeso soprattutto dal fatto che gli amministratori locali hanno avuto una  falsa aspettativa sulla vera essenza del federalismo: per anni gruppi politici di tutte le appartenenze hanno spacciato annunci e piccolissime azioni con il nome di federalismo fiscale. In realtà le amministrazioni locali sono state lasciate in balia di una grande incertezza sia per quanto l’applicazione della capacità impositiva, sia per ciò che attiene la realizzazione di una vera e seria autonomia tributaria. Norme che si sono e che si accavallano, una incapacità dei vari governi di fare scelte ferme e durature (vedi l’applicazione dell’Ici in via definitiva e certa), il continuo cambiamento del nome dei tributi che ci trascinano in un immaginario apocalittico ( tarsu, tasi tares, tari, ici, imu, iuc e così via). Il risultato di questa incertezza reca  il ritardo nella approvazione della legge di stabilità dei governi, con il conseguente spostamento delle date di approvazione dei bilanci di previsione degli enti locali (per l’approvazione del bilancio di previsione dell’anno 2013, i comuni avevano tempo sino al 30/11!) e l’affollamento per i cittadini di tante cartelle tributarie sempre più difficili da onorare. 
Non c’è bilancio comunale che non preveda fondi per la riqualificazione e la messa in sicurezza delle scuole. Cosa è che richiede questo continuo stanziamento di risorse?
Prima di tutto, anche qui, la continua modificazione di adempimenti normativi oltre alla normale attenzione che si deve alla sicurezza in ambienti cosiddetti sensibili, luoghi frequentati da bambini o adolescenti. 
I Comuni sono spesso anche dei centri di cultura, sostengono l’associazionismo locale, organizzano manifestazione ed eventi. Cosa significa continuare a fare cultura in presenza di continui tagli da parte degli enti sovraordinati?
Significa che oltre alla quotidiana sofferenza materiale che ormai coinvolge tantissime famiglie  per vari motivi, primo tra tutti la mancanza di una occupazione stabile, non ci è permesso abdicare anche sui temi culturali e di realizzazione di eventi. La mancanza di risorse ci porta a qualificare le manifestazioni e gli eventi , riducendone il numero.
In Parlamento si discute sulle riforme istituzionali, dall’abolizione delle Province alla istituzione delle Città Metropolitane, alla revisione dell’attuale titolo V della Costituzione por una diversa redistribuzione delle competenze Stato-Regioni. Come vede lei queste novità?
Questa novità la vedo da troppo tempo come un annuncio e mai come una realizzazione. Basti pensare che oggi, in riferimento alla abolizione delle province, l’unica provincia che effettivamente è stata abrogata è quella di Roma, della capitale, la più importante che non ha da più di un anno gli organi istituzionali eletti, ma di fatto viene governata attraverso un commissario e dei sub commissari prefettizi, avendo oltretutto mantenuto personale, sedi e tutte le attività istituzionali che gli erano demandate. Doveva essere sostituita dall’area metropolitana, ma la vedo dura e molto lontana la conclusione. Il nostro paese soffre fortemente di burocrazia, di enti e lobby di interessi che franano tutte le decisioni e di una incapacità decisionale delle classi dirigenti che, se non cambiamo approccio culturale, la vedo una battaglia perso. Spero di sbagliarmi. Si parte dalle modifiche già condivise: se si pensa che le province siano degli enti inutili, si eliminino davvero, in fretta e senza indugio. Se davvero si è convinti che il bicameralismo parlamentare sia superato, si attui in pieno questa convinzione e si parta con la riforma costituzionale ed istituzionale trasformando il Senato nella Camera delle autonomie. Non è importante, secondo me, se i deputati debbano essere 1.000 o 300: è importante che producano lavoro istituzionale, facciano riforme, pensino in generale al popolo che li ha eletti e facciano un esame di coscienza per chiedersi  quale possa essere il modo per  ricucire un rapporto fiduciario tra classe politica e cittadini. Basta annunci, ci vogliono fatti. 
Quali dovrebbe essere dal suo punto di vista il rapporto tra Comuni e Stato centrale?
La comunità locali ritengo che non possano più essere rappresentate solamente dall’Associazione nazionale comuni italiani, ma debbono avere  rappresentanza diretta all’interno, appunto, del Senato delle autonomie, dove la presenza dei rappresentanti delle regioni, delle province (fintanto che esisteranno) e dei comuni possano dire la loro nell’attuazione di norme e regolamenti che li riguardano e soprattutto nell’applicazione di tassazioni e tributi che impattano direttamente con i cittadini amministrati, con i quali soprattutto i sindaci hanno un rapporto diretto. Altrimenti abbiamo fatto carta straccia del tanto decantato principio della sussidiarietà. 
La gestione dei rifiuti è per i Comuni una nota dolente. Basandosi sulla sua esperienza quali indicazioni darebbe per il miglioramento del ciclo dei rifiuti?
Scegliere una strada, senza demagogia e senza ideologia, qualunque si ritenga possa essere la più corretta nella gestione virtuosa della filiera dei rifiuti, si stabilisca chi decide l’applicazione del percorso e si percorra con fermezza e senza indugio quella via. Il presupposto basilare è comunque quello di obbligare tutte le comunità ad applicare una raccolta differenziata spinta.  
L’Italia si fa sempre più povera, i sindaci sono in prima linea. Come agire per tamponare i problemi dell’emergenza sociale in atto?
Azione forte nella lotta alla disoccupazione, sostegno economico ai comuni per aiutare chi veramente non ce la fa più, da utilizzare come  un temporaneo reddito garantito, finanziamento agli enti locali di risorse da destinare all’emergenza abitativa e al sostegno per il pagamento degli affitti che direi dovrebbero essere calmierati a ribasso con una immediata azione legislativa. Purtroppo i tagli orizzontali ai comuni, anziché aiutare le comunità, ci obbligano a tagliare laddove oggi, al contrario, si dovrebbe aumentare la spesa sociale. 
Ogni Comune ospita cittadini di origine straniera. C’è chi è a favore del riconoscimento dello ius soli. Pensa si possa arrivare ad una reale integrazione interculturale?
Noi a Bracciano abbiamo già attuato una iniziativa importante a riguardo, riconoscendo simbolicamente la cittadinanza italiana a tutti i bambini figli di stranieri, nati in Italia. Una discussione definitiva e risolutiva sullo ius soli non è più rinviabile, se vogliamo mantenere il novero di Paese civile ed avanzato nei fatti e non a parole. La forte presenza di cittadini comunitari e stranieri è una realtà che quotidianamente ci impatta. Gli amici o il compagno di banco dei nostri figli, spesso sono stranieri, ma solo nel documento, perché sono nato in Italia, parlano italiano e spesso non la lingua dei genitori. Anzi spesso parlano il dialetto della comunità locale  dove sono nati e vivono, hanno recepito usi e costumi del nostro popolo: l’integrazione interculturale è ormai nelle cose e solo coloro che sono animati da forte senso ideologico o che semplificano il  problema , non riescono a vederla.
Il Federalismo demaniale sta portando alcuni risultati. Alcuni beni immobili statali oggi inutilizzato stanno per essere trasferiti ai patrimoni dei Comuni che ne hanno fatto richiesta. Cosa accade nel suo Comune?
Noi abbiamo fatto una richiesta tendente ad ottenere i circa 5 ettari dove insisteva la Polveriera  a Via Santa Lucia dove si accede per l’ecocentro comunale e la parte posteriore (con accesso dalla porta carraia adiacente al Ponte della Ferrovia)  della Caserma Cosenz. Compresi i fabbricati che sono adibiti a deposito. Potrebbe essere la volta buona per “entrare”, seppur parzialmente, in possesso della Caserma Cosenz. 
L’articolo 32 della costituzione che garantisce il diritto alla salute ai cittadini in molte realtà territoriali è svilito dalla carenza di servizi. Quale dovrebbe essere secondo lei il modello di sanità da mettere in atto.
Tema complicato e delicato. Nel nostro caso, riteniamo che quella del mantenimento e del rilancio dell’ospedale Padre Pio, sia la principale garanzia da consegnare alla nostra comunità. D’altronde abbiamo lottato con grande tenacia, in tutte le sedi per finalizzare questa risultato. Quindi un Padre Pio che abbia il suo Pronto Soccorso 24 ore su 24 ore e il mantenimento del riconoscimento di Ospedale di Pronto soccorso e non ospedale distrettuale di tipo C, come voleva il Decreto 80 voluto dall’allora Commissario alla Sanità Polverini. Un ospedale che abbia i reparti di  chirurgia, medicina e ortopedia. E, partendo dai detti reparti,  integrato dal reparto di dialisi, dagli ambulatori e dai servizi di radiologia e laboratorio di analisi;  sarà necessario, inoltre,  formulare una proposta da condividere con la dirigenza e con la Regione Lazio, che possa rilanciare al meglio il nosocomio, per finalizzare delle convenzioni con l’Università la Sapienza che possa dare una specifica eccellenza sanitaria.  
Nei comuni spesso la battaglia amministrativa vede scendere in campo liste civiche. Quale resta il ruolo dei partiti tradizionali per il governo dei Comuni?
Il ruolo dei partiti tradizionali nella composizione delle liste nella competizione amministrativa è importantissimo. E lo sarà ancora di più nel 2017 a Bracciano, allorquando si voterà con il doppio turno, con liste collegate ai candidati sindaci e con il sistema che prevede il cosiddetto voto disgiunto. Con quel sistema il ruolo dei partiti sarà fondamentale perché solamente i candidati che partiranno con uno zoccolo duro elettorale, potranno puntare ad avere delle reali chances di vittoria.
Dovrebbero essere al momento 15 le Città Metropolitane previste dal disegno di legge in discussione al Senato. Come vede questo nuovo ente territoriale?
Lo vedo come uno strumento necessario , soprattutto in questo momento dove registriamo un vuoto istituzionale dovuto alla preoccupazione degli amministratori provinciali che ancora non conoscono quale sarà ,in via definitiva, il ruolo di questi enti di coordinamento e soprattutto sarà importantissimo accelerare sulla Città Metropolitana che sostituisca la Provincia a Roma che, come anzidetto, si trova in una situazione che sfiora il ridicolo: cancellazione, di fatto, degli organi elettivi della Provincia di Roma, mantenimento dell’ente che viene governato da commissari prefettizi e mancata realizzazione e funzionalità della Città Metropolitana. Un vulnus istituzionale da risolvere in fretta.
I Comuni e l’Europa. Quali sono le difficoltà dei Comuni a redigere progetti in grado di attrarre fondi europei sul territorio?
Innanzi tutto le difficoltà derivanti dalla mancanza di un ente o istituzione che possa supportare i comuni a presentare proposte di finanziamento che risultano essere  molto complicate e rigide nel percorso attuativo, come quelle delle richieste dei fondi europei. Quando al contrario si può contare su un ente di sostegno e supporto delle azioni di richiesta di finanziamenti europei , come, ad esempio, nel caso del GAL Tuscia Romana che è un gruppo responsabile di supporto all’attuazione del Piano di Sviluppo Locale dei comuni del comprensorio, allora è palmare come si riesca ad attrarre risorse europee a benefici sia dei comuni che dei privati che vi possono accedere. L’anno scorso il Gal Tuscia Romana ha permesso ai comuni che ne fanno parte, tra i quali Bracciano, di attrarre e distribuire nel territorio risorse europee per oltre 6.000.000 di euro, risultando il primo GAL della Regione Lazio. Come si può vedere, quando i comuni lavorano insieme e si coordinano e sono coordinati, anche noi riusciamo ad esprimere una eccellenza. 
Tra le novità anche le Unione dei Comuni. E’ favorevole o contrario?
In moltissimi casi è una assoluta necessità, derivante dal fatto che su molti servizi di area vasta, quali i trasporti locali, i rifiuti, lo sviluppo turistico, la gestione delle risorse idriche e ambientali, si sente la necessità di lavorare insieme, per meglio superare le difficoltà della scarsezza di specifiche professionalità all’interno dei piccoli comuni e della scarsezza di risorse economiche. Chiaramente questo non deve inficiare le specifiche caratteristiche dei singoli territori, ma l’unione dei comuni deve al contrario lavorare per valorizzarne al meglio le positività.  
Destra o sinistra. Sono categorie che hanno ancora senso?
Destra e sinistra hanno non solo senso, ma in un momento nel quale vediamo una politica che tende al populismo, lo hanno ancora di più. La eccessiva semplificazione del ruolo della politica, il voler superare con troppa virulenza  gli ideali propri dei partiti tradizionali e la eccessiva personalizzazione che in questi ultimi anni si è fatto del ruolo dei partiti e della politica stessa, non più considerata come elemento nobile della ricerca del consenso, ha portato ad una grande crisi dello sviluppo democratico e civile dell’Italia. Penso di non poter essere smentito se dico che con l’esclusione del Partito Democratico, nel panorama politico italiano, sia a destra che a sinistra, non abbiamo più avuto un partito che non avesse nel proprio simbolo, il riconoscimento personalistico di chi lo guidava o lo guida: Pdl Berlusconi Presidente (praticamente sciolto in Forza Italia e Ncd), Idv Di Pietro (praticamente scomparso), Sel Vendola, Udc Casini, Scelta Civica con Monti, M5S Grillo,  Futuro e Libertà Fini Presidente (scomparso), Rivoluzione Civile Ingroia (scomparso). La forza ed il radicamento popolare dei partiti sia di destra che di sinistra sono, secondo il mio pensiero, il seme che alimenta la democrazia, attraverso l’alternanza del pensiero e degli ideali di una e dell’altra componente che governa il Paese. In politica, la categoria  destra e sinistra, non sono e non rappresentano  il pensiero di una persona, ma la storia, gli ideali, le tensioni e la forza popolare con la quale si parla agli elettori e ai cittadini, la formulazione delle proposte con le quali si vuole migliorare la società, la democrazia ed il vivere civile di un popolo: questi elementi hanno sempre una caratterizzazione di destra o di sinistra.

 

Nessun commento:

Posta un commento